Il 7 aprile 1944 Fragheto, frazione del comune di Casteldelci, fu teatro di un sanguinoso eccidio. Da varie settimane l’VIII Brigata Garibaldi, incontrando il sostegno della popolazione, si era attestata fra le Balze, il Monte Fumaiolo e Casteldelci. Immediatamente a ridosso della zona occupata dai partigiani, erano in corso i preparativi per allestire la Linea Gotica, preparativi messi in difficoltà proprio dalla presenza di bande armate. Il comando tedesco decise allora di intraprendere un’azione di rastrellamento inquadrandola nel piano generale di offensiva contro tutte le forze partigiane dell’Appennino, messo in atto nella primavera del 1944. La sera del 6 aprile il comando partigiano venne informato che reparti del battaglione d’assalto del comandante in capo del sud-ovest (Sturm-Battaillon OB sudwest) insieme a numerose forze fasciste (Brigate nere, GNR, SS italiane) avevano cominciato rastrellamenti massicci nella zona tra il monte Fumaiolo e Casteldelci. I partigiani decisero di passare la notte del 6 aprile a Fragheto per sfuggire all’accerchiamento. Il giorno successivo era il venerdì di Pasqua. All’alba la colonna tedesca si mosse sulla mulattiera verso Fragheto ma i partigiani avevano già deciso di non farsi trovare in paese ed erano risaliti sulle alture circostanti appostandosi sopra Calanco. Appena il reparto germanico raggiunse questa località iniziò una cruenta battaglia che si protrasse fin dopo mezzogiorno. Esaurite le munizioni i partigiani si ritirarono ripiegando verso il torrente Para per ritornare nel comune di Santa Sofia (Fo) da cui erano partiti qualche giorno prima. I tedeschi raccolsero morti e feriti e si diressero verso il fondovalle, al torrente Senatello. Una pattuglia si mosse in direzione di Fragheto per sincerarsi che non vi fossero più ribelli in zona. Giunti nella piccola borgata trovarono purtroppo un partigiano ferito affidato dai compagni a una famiglia del luogo. Iniziò immediatamente la rappresaglia verso la popolazione ritenuta collusa con i combattenti dell’VIII Brigata Garibaldi. I soldati della Wehrmacht entrarono in molte case e uccisero trenta abitanti tra i quali 15 donne, 7 bambini, 6 vecchi e 2 giovani. La famiglia Gabrielli venne interamente sterminata. Ecco la testimonianza dell’unico sopravvissuto, Candido Gabrielli: “Dall’orrenda e barbara carneficina riuscii a salvarmi perché, renitente alla leva, quando i miei familiari sentirono che sarebbero arrivati i tedeschi, mi dissero di scappare e scappai nei boschi vicini. Della mia famiglia furono trucidati mio padre, mia madre, due fratelli, tre sorelle, due nipoti, uno di 16 mesi ed uno di 40 giorni che con padre e madre si erano nascosti sotto il letto, dove erano riusciti in un primo tempo a scampare alla strage; il pianto di uno dei loro figli richiamò l’attenzione dei tedeschi che ritornarono indietro, li tirarono fuori e li uccisero senza pietà sparandogli a bruciapelo. nonostante il loro furore, benché più volte colpita, mia cognata riuscì a sopravvivere. (…) Fu un venerdì santo che rimarrà per sempre amaramente nella mia memoria e dei pochi sopravvissuti” (Severi, 1997, p.116-117). Quel pomeriggio dei 71 abitanti di Fragheto ne restarono solo 41.Dopo la strage la pattuglia si ricongiunse al resto del battaglione trascinando con sé sette giovani partigiani catturati nell’infermeria di Capanne assieme a un giovane maestro del borgo affetto da grave handicap fisico. Giunti al Senatello i prigionieri vennero affidati dai tedeschi a un distaccamento di Camicie nere della Repubblica di Salò che li uccisero a colpi di mitra sul greto del torrente.
L’eccidio di Fragheto costituisce un esempio di memoria divisa tra il ricordo dei partigiani e quello della popolazione (Contini, 1997). In quest’ultima il ricordo dell’eccidio tende a riversare la colpa della strage sui partigiani, responsabili di essersi fermati a Fragheto il giorno precedente e di essersene andati nel momento del massacro, e a non porre l’accento sull’effettiva violenza perpetrata, secondo una logica spietata, dai nazifascisti. Nella memoria partigiana invece a prevalere è la giustificazione addotta dagli uomini dell’VIII Brigata che, pur consapevoli dello squilibrio delle proprie forze rispetto ai tedeschi – la brigata contava circa duecento uomini rispetto ai mille soldati del nemico – cercarono di evitare che entrassero nel paese, attaccandoli dalle alture circostanti. In seguito a un accurato lavoro di ricostruzione storica, fatta attraverso le testimonianze e i documenti raccolti per istruire il processo al battaglione tedesco che operò la strage, si sono definitivamente accertate le responsabilità dei reparti nazi-fascisti che nel territorio di Casteldelci commisero atroci misfatti. La strage di Fragheto si allinea ad altri episodi simili della guerra sull’Appennino centrale, come quello di Civitella in Val di Chiana, studiato da Giovanni Contini, e quello di Sant’Anna di Stazzema, analizzato da Toni Rovatti.
Nel 2003 il paese è stato insignito della medaglia d’argento al valor civile.
(Tratto da Storia Marche 900)
Bibliografia
– M. Carassai [et al.], (a cura di), Le Marche, i marchigiani, le guerre, il fascismo, la resistenza, la repubblica (1915-1946), Affinità elettive, Ancona 2012.
– G. Contini, La memoria divisa, Rizzoli, Milano 1997.
– M. Renzi, La strage di Fragheto (7 aprile 1944). Nuove verità, reticenze, contraddizioni, Società di studi storici per il Montefeltro, San Leo 2007.
– S. Severi, Il Montefeltro tra guerra e liberazione 1940-1945, Società di studi storici per il Montefeltro, San Leo 1997.
– AA.VV. Vittime e colpevoli. Le stragi del 1944 a Fragheto e in Valmarecchia. Ed. Viella, 2022.
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